Il governo cinese stima per il 2020 il raggiungimento di 500 miliardi di dollari in transazioni per sharing economy, pari al 10% delle totali transazioni economiche del Paese.
La sharing economy è una realtà in Cina e un elemento di svolta nell'economia del Paese.
Non si danno in prestito solo biciclette, ma anche di auto, ombrelli, macchine industriali, batterie.
Andy Tian, cofondatore del Asia Innovation Group, vede in tali dati il ritorno dell'economia cinese alle sue basi comuniste.
Emblematico il caso del signor Xu Min che ha lanciato la start up Zhulegeqiu (prendi in prestito una palla): si tratta di una app che consente tramite un QR code di sbloccare una palla da basket da un cesto metallico. L'affitto costa 1 RMB all'ora (meno di 0,10 euro) evitando quindi ai giocatori di trasportare una pesante palla da basket per le vie della città.
Differentemente da servizi come Uber e AirBnB, le start up cinesi della sharing economy, rentono affitabili prodotti che esse stesse posseggono. Il governo cinese accoglie di buon grado tali iniziative, considerando la sharing economy, una soluzione per portare benessere a quella fascia di popolaziuone che ha ancora un redditto molto limitato.
Dal nostro punto di vista, considerando le difficoltà per alcune piccole e medie imprede europee di produrre e vendere in Cina per soddisfare un mercato tanto ampio, e allo stesso tempo centrare il target price adatto al consumatore medio, importare il prodotto e renderlo disponibile in sharing, potrebbe limitare i costi di investimento e allo stesso tempo segnalare in modo immediato i dati fondamentali per verificare la ricezione del prodotto da parte della clientela orientando le successive scelte aziendali.
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